I sintomi più frequenti dell’endometriosi sono dolore durante il ciclo e nei rapporti sessuali, fino a un persistente dolore pelvico. Come curarla?

Ne parliamo con il Dr. Paolo Maniglio PhD, ginecologo esperto in endometriosi del Polo sanitario S. Teresa del Bambin Gesù – Gruppo  Ravenna 33.

Sono molte le donne che soffrono di dolore pelvico, un sintomo che non va mai trascurato.

Questo quadro clinico può essere associato a molteplici patologie e, per arrivare a una corretta diagnosi, sarebbe indicata una valutazione ginecologica. D’altra parte proprio il dolore pelvico è uno dei sintomi più frequenti dell’endometriosi, una malattia che ha un impatto significativo sulla qualità di vita delle donne e di cui si parla ancora poco.

L’endometriosi colpisce fino al 10% delle popolazione femminile in età fertile, circa 2,5 milioni di donne secondo i dati del Ministero della Salute. Tale percentuale può raggiungere il 30-50% nelle donne che hanno difficoltà a concepire e che soffrono di sterilità.

In genere, la patologia si manifesta tra i 25 e i 35 anni, talvolta può comparire anche più precocemente. Nella maggior parte dei casi tende a regredire dopo la menopausa con la scomparsa  dei sintomi.

«La malattia – spiega il Dr. Paolo Maniglio PhD – è caratterizzata dalla presenza e dalla proliferazione di tessuto endometriale ectopico al di fuori della cavità uterina, in distretti diversi da quello d’origine. Solitamente crea uno stato di infiammazione cronica che, in un primo periodo, si può manifestare con la dismenorrea ovvero dolore molto intenso durante il ciclo mestruale. Frequentemente si associa anche a dispareunia, come dolore durante i rapporti sessuali.

A questi sintomi poi se ne possono associare altri che sono strettamente connessi alla sede di localizzazione dell’endometriosi, quali disturbi intestinali, dolori urinari, etc. Nel tempo, l’endometriosi determina un dolore pelvico cronico che è di fatto invalidante nella vita di tutti i giorni».

Il Dr. Maniglio è un esperto di questa patologia. Sin da quando si è specializzato, ha lavorato in centri di riferimento per l’endometriosi. Durante il suo dottorato di ricerca all’Università Sapienza di Roma, ha svolto attività clinica (diagnosi ecografica specialistica, terapia medica, chirurgia mini-invasiva) e di ricerca scientifica sulla patogenesi e sul trattamento dell’endometriosi con numerose pubblicazioni su riviste internazionali. Nella sua esperienza allo IEO – Istituto Europeo di Oncologia di Milano, ha avuto poi l’opportunità di approfondire il trattamento dei rari casi di endometriosi che evolvono in tumore all’ovaio. Attualmente è dirigente medico ginecologo all’ospedale “G.B. Morgagni-L. Pierantoni” di Forlì dove svolge anche la sua attività di ginecologo oncologo nel gruppo Multidisciplinare Oncologico IRST (IRCSS Istituto scientifico romagnolo per lo studio e la cura dei tumori di Meldola).

Quali sono gli esami da fare per diagnosticare l’endometriosi? «Ce ne sono diversi – spiega il Dr. Maniglio – e possono variare da paziente a paziente a seconda della sintomatologia clinica. Certamente non si può prescindere da una visita ginecologica con un esame obiettivo approfondito e con un’ecografia pelvica transvaginale. L’ecografia di secondo livello e la risonanza magnetica dovrebbero essere effettuati per la diagnosi e mappatura dell’endometriosi profonda e peritoneale. Dopo la diagnosi, a seconda dei sintomi e del quadro clinico, si può iniziare con una cura farmacologica ormonale. Nello specifico, la terapia di prima scelta è progestinica con l’assunzione orale di Dienogest.

Il tipo di terapia ormonale può comunque variare, cercando di modularla sulla paziente stessa. La terapia medica risulta inoltre utile in preparazione di un eventuale intervento chirurgico e nel periodo successivo». Nei casi più gravi, ricorda il medico, è necessario ricorrere alla chirurgia, con interventi per via laparoscopica: una tecnica mini-invasiva che consente di eliminare i focolai di endometriosi presenti a livello pelvico o in altre sedi. «Un approccio di tipo conservativo – precisa –, teso al ripristino delle normali condizioni anatomiche e alla preservazione dell’innervazione viscerale (ndr, nerve sparing), deve essere alla base della strategia chirurgica».

Effettuare una diagnosi precoce in uno stadio iniziale è molto importante per trattare la malattia sin dalla sua comparsa. È consigliabile effettuare un check-up annuale o una visita nel caso compaia dolore pelvico. Se non trattata, questa malattia può ridurre o compromettere la fertilità.